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Uso delle Agenzie Investigative per Violazione dell’Obbligo di Fedeltà del Lavoratore: Aspetti Legali

In caso di sospetti su condotte infedeli del lavoratore, il datore può incaricare agenzie investigative autorizzate per accertare violazioni dell’obbligo di fedeltà, nel rispetto delle norme e con valore probatorio dei risultati.

 
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Uso delle Agenzie Investigative per Violazione dell’Obbligo di Fedeltà del Lavoratore: Aspetti Legali

In caso di sospetti su condotte infedeli del lavoratore, il datore può incaricare agenzie investigative autorizzate per accertare violazioni dell’obbligo di fedeltà, nel rispetto delle norme e con valore probatorio dei risultati.

Nel rapporto di lavoro subordinato, l’obbligo di fedeltà sancito dall’art. 2105 del codice civile non si esaurisce nel divieto di concorrenza o nella riservatezza delle informazioni aziendali, ma si estende a un più ampio dovere di lealtà, correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto. Tale obbligo impone al lavoratore di astenersi da qualsiasi comportamento, anche estraneo alle mansioni specifiche, che possa ledere gli interessi materiali o immateriali del datore di lavoro, compromettendo irrimediabilmente il vincolo fiduciario.

La giurisprudenza ha chiarito che rientrano nella violazione dell’obbligo di fedeltà anche condotte fraudolente o dolosamente elusive degli obblighi contrattuali, come la simulazione dello stato di malattia, lo svolgimento di attività incompatibili con lo stato patologico dichiarato o il reiterato mancato rispetto delle fasce orarie di reperibilità per i controlli medici. In tali contesti, l’interesse del datore di lavoro alla tutela del patrimonio aziendale – inteso non solo come beni materiali, ma anche come efficienza organizzativa e immagine – legittima il ricorso a strumenti di indagine affidati a soggetti terzi, come le agenzie investigative autorizzate ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S. e del D.M. 269/2010.

L’intervento dell’investigatore privato si configura, dunque, come uno strumento tecnico e legalmente riconosciuto di accertamento di condotte illecite rilevanti sotto il profilo disciplinare e, talvolta, anche penale. La sua funzione è documentare situazioni che escano dalla mera inefficienza lavorativa, per attestare veri e propri comportamenti infedeli che incidono sulla prosecuzione del rapporto di lavoro.

La Cass. civ., sez. Lav., sent. 4 settembre 2018, n. 21621, ha chiarito che gli articoli 2 e 3 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) non impediscono al datore di lavoro di incaricare soggetti terzi – tra cui agenzie investigative – per la tutela del patrimonio aziendale. Tali controlli non devono mai tradursi in una vigilanza ordinaria sull’attività lavorativa, che rimane prerogativa dell’imprenditore o dei suoi preposti. L’attività investigativa è ammissibile solo per l’accertamento di illeciti gravi e non riconducibili al mero inadempimento contrattuale.

La Cass. civ., sez. Lav., ord. 24 ottobre 2024, n. 27610 ha ulteriormente definito i confini di legittimità del ricorso a investigatori privati, stabilendo che è lecito farvi ricorso quando vi siano sospetti specifici di condotte illecite, come l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro e la falsificazione dei registri di presenza, a condizione che tali investigazioni non si traducano in un controllo occulto della prestazione ordinaria. La Corte ha riaffermato la centralità del principio di proporzionalità, della tutela del patrimonio (inteso anche come immagine aziendale) e della legalità del mezzo investigativo, offrendo una guida operativa sia ai datori di lavoro sia agli operatori del settore investigativo.

In parallelo, è opportuno sottolineare che l’ammissibilità degli elementi probatori acquisiti da un investigatore privato deriva da un solido impianto tecnico-giuridico. La licenza prefettizia prevista dall’art. 134 del T.U.L.P.S. costituisce il presupposto di legittimazione per l’esercizio dell’attività investigativa. Il D.M. 269/2010, art. 5, comma 1, lett. a, n. II, abilita gli istituti investigativi a svolgere attività in ambito aziendale su richiesta del titolare d’azienda o di soggetti da questi delegati, per accertare – tra le altre – azioni illecite del lavoratore o casi di infedeltà professionale.

La ratio legis di tale autorizzazione risiede proprio nella finalità di acquisire informazioni da utilizzare in sede probatoria. L’investigatore privato, dunque, opera come terzo qualificato, la cui attività è orientata alla documentazione di condotte rilevanti per l’adozione di provvedimenti disciplinari o azioni legali. I risultati delle indagini, se raccolti nel rispetto delle regole deontologiche e normative, costituiscono prova atipica pienamente ammissibile.

L’attività investigativa deve sempre essere preceduta da un conferimento di incarico scritto, in cui siano specificati: – il diritto che si intende esercitare o tutelare in sede giudiziaria; – gli elementi di fatto che giustificano l’avvio dell’indagine; – il termine entro cui concluderla; – le modalità di trattamento dei dati personali, conformi al GDPR e alle Regole Deontologiche del Garante Privacy (Provv. 19 dicembre 2018).

Il prodotto dell’indagine – il report investigativo – ha valore di prova atipica. Può essere utilizzato in giudizio qualora corredato da documentazione oggettiva (video, fotografie, rilevazioni cronologiche) e accompagnato dalla testimonianza dell’investigatore che ha percepito direttamente i fatti.

Nel procedimento penale, lo stesso investigatore privato autorizzato assume un ruolo ulteriore: può infatti essere indicato come ausiliario del difensore nella ricerca di prove da utilizzare a favore dell’assistito. L’art. 327-bis del codice di procedura penale recita testualmente: “Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito [...]. Le attività [...] possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati [...]”. In questo ambito, l’autorizzazione di pubblica sicurezza, unita alla finalità probatoria dell’attività e alla presenza di un diritto da tutelare in giudizio, costituisce la base solida che sorregge la piena validità e utilizzabilità processuale degli elementi raccolti.

In conclusione, in presenza di sospetti di violazione degli obblighi di fedeltà, il datore di lavoro può ricorrere all’ausilio di un’agenzia investigativa, a condizione che l’attività sia limitata all’accertamento di fatti illeciti e non riguardi il monitoraggio ordinario della prestazione lavorativa. La normativa vigente e la giurisprudenza recente consolidano una prassi investigativa fondata sulla legalità, sulla proporzionalità e sull’utilizzabilità delle prove, anche in ambito penale.

Dogma SpA, agenzia investigativa autorizzata, svolge queste attività nel pieno rispetto della normativa vigente e delle recenti indicazioni della giurisprudenza, garantendo ai propri clienti una documentazione investigativa precisa, accurata e utilizzabile efficacemente in ogni sede giudiziaria.

Autore: Avv. Giorgio Gobbi
Compliance - Dogma S.p.A.  

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FAQ – Violazione dell’obbligo di fedeltà e controlli investigativi

Che cos’è l’obbligo di fedeltà del lavoratore?
È il dovere del lavoratore, previsto dall’art. 2105 c.c., di agire con correttezza e lealtà, evitando condotte che danneggino l’azienda, anche fuori dall’orario di lavoro.


Quali comportamenti violano l’obbligo di fedeltà?
Attività in concorrenza con l’azienda, simulazione di malattia, uso improprio di permessi, danneggiamento della reputazione aziendale o abbandono ingiustificato del posto di lavoro.


Quando un datore di lavoro può rivolgersi a un investigatore privato?
Solo in presenza di sospetti concreti e specifici di condotte illecite gravi, non riconducibili a semplice inadempimento lavorativo. È necessario conferire un incarico scritto e motivato.


Le agenzie investigative possono controllare direttamente il lavoratore?
No, non possono vigilare sull’ordinaria prestazione lavorativa. Possono solo documentare comportamenti esterni potenzialmente illeciti o infedeli.


I risultati delle indagini investigative sono utilizzabili in giudizio?
Sì. Se rispettano le norme (art. 134 TULPS e D.M. 269/2010) e sono raccolti con incarico scritto, i report investigativi costituiscono prove atipiche ammissibili, anche in sede penale.


Qual è il ruolo dell’investigatore nei procedimenti giudiziari?
Può essere chiamato a testimoniare per confermare quanto osservato e, in sede penale, agire come ausiliario del difensore ai sensi dell’art. 327-bis c.p.p.

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