La recente pronuncia della Corte di Cassazione, ordinanza n. 24564 del 4 settembre 2025, segna un passaggio fondamentale nella giurisprudenza del lavoro, confermando la piena legittimità dei controlli difensivi operati dalle aziende sui propri dipendenti, anche quando questi svolgono le loro mansioni al di fuori dei locali aziendali. Questo orientamento non solo tutela il patrimonio e l'immagine aziendale, ma sancisce il ruolo indispensabile delle agenzie investigative private come strumenti di accertamento della verità.
La vicenda in esame riguarda un dipendente la cui performance lavorativa era significativamente al di sotto degli standard aziendali. Sebbene un calo di rendimento non sia di per sé sufficiente per giustificare un licenziamento, la Corte ha riconosciuto che può costituire un "spunto oggettivo" valido per avviare indagini più approfondite. L'azienda, agendo con metodo e cautela, ha scelto di non procedere con provvedimenti affrettati, ma di affidarsi a un'analisi sistematica della condotta del dipendente.
Il successo legale di questa strategia risiede proprio nella sua gradualità e nel ricorso a prove concrete. L'azienda, affidando l'incarico a un'agenzia investigativa, ha dimostrato di voler fondare le proprie azioni su un quadro probatorio solido e inconfutabile. L'attività di sorveglianza del detective privato ha permesso di documentare con precisione una serie di condotte illecite, tra cui:
1. Frode oraria: l'uso improprio del palmare aziendale per registrare l'inizio e la fine dell'attività lavorativa in modo non veritiero.
2. Deviazione dal percorso: la frequentazione, durante l'orario di servizio, di luoghi non pertinenti alle mansioni professionali.
3. Inattività prolungata: il tempo trascorso inoperoso all'interno del veicolo aziendale senza alcuna valida giustificazione.
4. Inosservanza degli obblighi: la mancata aderenza alle direttive aziendali, come l'uso della divisa.
Queste prove, raccolte in modo professionale e dettagliato, hanno smantellato la difesa del lavoratore e hanno convinto la Cassazione della correttezza dell'operato del datore di lavoro.
La sentenza ribadisce un principio giuridico consolidato: i controlli difensivi sono sempre legittimi in presenza di fondati sospetti di comportamenti che possano arrecare danno all'azienda. La Corte ha chiarito che, in tali circostanze, l'interesse del datore di lavoro a tutelare i propri beni e la propria reputazione prevale sulle rivendicazioni di privacy del dipendente, specialmente quando quest'ultimo opera in un contesto esterno e meno controllabile.
Il caso evidenzia come l'intervento di un investigatore privato non rappresenti una forma di sorveglianza indiscriminata, ma una risposta mirata e proporzionata a un sospetto circostanziato. L'investigatore agisce non solo come un raccoglitore di prove, ma come un elemento di equilibrio che consente all'azienda di procedere con sicurezza legale, evitando licenziamenti basati su mere congetture.
In un'epoca in cui il lavoro agile e le mansioni esterne sono sempre più diffuse, la sentenza della Cassazione offre una chiara rassicurazione per le imprese. La possibilità di avvalersi di professionisti esterni per verifiche oggettive è un asset strategico per proteggersi da abusi e condotte illecite, garantendo un ambiente di lavoro equo e produttivo per tutti i dipendenti.
La sfida per il futuro sarà integrare questi strumenti di controllo in un quadro normativo che continui a bilanciare le legittime esigenze aziendali con il rispetto della dignità del lavoratore, un equilibrio che il lavoro investigativo professionale contribuisce a mantenere.
Autore: Avv. Giorgio Gobbi
Compliance - Dogma S.p.A.
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