Il patrimonio di un’azienda non consiste soltanto in beni materiali mobili e immobili ma anche in quell’insieme di informazioni, processi produttivi, segreti industriali, know-how che consentono di differenziarsi sul mercato rispetto ai competitor.
Ne consegue che queste informazioni non devono – o quantomeno non dovrebbero – in alcun modo fuoriuscire all’esterno ed essere conosciute da terzi per non regalare un vantaggio competitivo alle imprese concorrenti.
Per questo motivo, oltre ai marchi e ai brevetti, l’ordinamento prevede una serie di accordi volti a scongiurare la divulgazione di informazioni sensibili.
Uno di questi strumenti è il patto di riservatezza, non divulgazione (in inglese NDA – Non disclosure agreement).
Attraverso questo accordo, che viene solitamente stipulato tra un datore di lavoro (azienda) e un dipendente, quest’ultimo si impegna a non divulgare le informazioni che vengono con lui condivise o che apprende nell’espletare le sue mansioni. Può essere integrato nel contratto di lavoro subordinato o fare oggetto di una contrattazione successiva. Lo stesso può essere siglato tra un lavoratore autonomo e un committente.
Un patto di questo tipo è importantissimo perché tutela proprio quegli aspetti che sono fondamentali per il successo competitivo di un’azienda e che, se divulgati, potrebbero comportare un danno economico e la perdita di posizioni di mercato.
Chi lo sottoscrive si impegna dunque a non rivelare a nessuno quanto apprende lavorando all’interno dell’azienda.
Il patto di non concorrenza può avere durata determinata o indeterminata, estendendosi anche al periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato.
Chi non lo rispetta si espone al risarcimento del danno e, se il rapporto di lavoro è ancora in essere, anche al licenziamento per giusta causa.
Per tutelarsi ulteriormente, l’azienda potrebbe anche far sottoscrivere al dipendente (solo se il rapporto di lavoro è terminato) un patto di non concorrenza con il quale quest’ultimo si impegna, per un periodo determinato di tempo, a non lavorare per aziende concorrenti o ad avviare un’attività propria che operi nello stesso mercato dell’azienda con cui sussiste o sussisteva il patto.
Nel caso del patto di non concorrenza è previsto per il dipendente un indennizzo che invece non viene contemplato per il patto di riservatezza.
Le informazioni che solitamente costituiscono oggetto del patto di riservatezza riguardano i processi produttivi, particolari elementi distintivi del prodotto, il know-how, i protocolli di sicurezza, le prassi aziendali, politiche di marketing e commerciali, informazioni sulla rete vendita, ecc…
Il patto o accordo di riservatezza deve necessariamente essere in forma scritta e contenere una serie di informazioni indispensabili.
Nel contratto vanno riportate soprattutto la titolarità delle informazioni oggetto di condivisione e – ove possibile – un elenco delle stesse. Va prevista una validità temporale, una sanzione in caso di violazione e l’individuazione del foro competente.
È possibile individuare le informazioni oggetto di riservatezza in modo analitico oppure anche solo genericamente, richiamando una categoria di dati. È però fondamentale che vengano specificate con esattezza le informazioni che si vogliono coprire con il patto, per evitare che possano sorgere dubbi o libere interpretazioni.
Il patto di riservatezza è quasi sempre unilaterale, si avrà quindi una parte (ad esempio, il datore di lavoro) che condivide informazioni con un altro soggetto (dipendente, collaboratore, partner). Nel caso in cui vi sia un soggetto terzo (fornitore o partner) anche gli eventuali dipendenti o collaboratori di questo dovranno essere soggetti agli obblighi previsti dal patto. Può tuttavia accadere che il patto sia bilaterale, ad esempio se due aziende scambiano informazioni, procedono a una fusione o a un’acquisizione. In questo caso entrambi i soggetti si obbligano a non rivelare a terzi le informazioni oggetto del patto.
Un elemento importante è la durata dell’accordo. A seconda dei casi è possibile prevedere un limite temporale oppure far dipendere la durata dal verificarsi di particolari condizioni. Anche l’obsolescenza delle informazioni protette può portare al termine del contratto.
Gli accordi di riservatezza prevedono solitamente una penale che agisce da deterrente e agevola inoltre la determinazione del corrispettivo da versare, a titolo di risarcimento, in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza.
Infine, il patto potrebbe prevedere anche delle clausole che rendono possibile il recesso o la modifica al verificarsi di alcune circostanze specificate dallo stesso accordo.
Il principale vantaggio del patto di riservatezza è la protezione dei dati sensibili, del segreto industriale e di quel patrimonio immateriale che garantisce all’azienda il profitto e il posizionamento di mercato.
Esistono tuttavia delle criticità connesse a questo tipo di accordi. L’esistenza di un patto di riservatezza spesso comporta dei costi e impone un controllo circa il rispetto degli obblighi contenuti in esso. Può inoltre accadere che, nonostante la definizione di patti di riservatezza, le fughe di notizie o le violazioni interne pregiudichino la segretezza delle informazioni. Infine, le informazioni coperte dal patto potrebbero diventare obsolete con il tempo.
Accanto al patto di riservatezza le aziende dispongono anche del patto di non concorrenza per proteggere le informazioni e i segreti industriali. Il massimo grado di tutela possibile è accordato proprio dalla previsione contemporanea di questi due accordi.
Il patto di non concorrenza differisce dall’accordo di riservatezza per alcuni aspetti. In linea generale nasce con la finalità di coprire il periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Chi lo sottoscrive, infatti, si impegna a non avviare una propria attività o a non prestare la propria opera professionale per un’azienda che operi nello stesso mercato di riferimento di quella precedente.
Le principali differenze tra i due accordi risiedono nella durata e nel corrispettivo economico. La durata del patto di non concorrenza non può eccedere i cinque anni per i dirigenti e i tre anni per altre tipologie di dipendente, mentre il patto di riservatezza ha durata variabile e potenzialmente anche indeterminata. Per chi sottoscrive il patto di non concorrenza è solitamente prevista un’indennità, nell’accordo di riservatezza invece non viene inserito un corrispettivo economico. Infine, durante la vigenza del contratto di lavoro o di collaborazione la non concorrenza può essere affidata a particolari clausole del contratto o essere implicita, non è prevista la definizione di un apposito patto separato – come specifica l’art. 2125 c.c.- che viene invece stipulato al termine del rapporto subordinato; nel caso del patto di riservatezza gli obblighi valgono ovviamente per il periodo in cui il soggetto obbligato opera all’interno dell’azienda ma possono essere prolungati anche oltre la cessazione del contratto di lavoro.
La violazione del patto di riservatezza ha inoltre profili penali che non rilevano invece nel caso della non concorrenza. La condotta di chi rivela informazioni o dati oggetto di un accordo di riservatezza rileva senza dubbio a fini civilistici per il risarcimento del danno ma può comportare anche la contestazione della fattispecie prevista dall’art. 623 c.p. “Rivelazione di segreti scientifici o industriali”.
Vuoi saperne di più? Leggi i nostri articoli dedicati:
1. Il patto di non concorrenza: cos'è e come funziona
2. Violazione del Patto di non Concorrenza
Rivelare segreti, informazioni e dati coperti da un patto di riservatezza può comportare diversi tipi di conseguenze legali.
Se l’accordo di riservatezza è stato stipulato tra un datore di lavoro e un dipendente/collaboratore la rivelazione di informazioni costituisce un fatto grave, tale da incrinare il vincolo fiduciario e rappresentare un illecito con la conseguenza del licenziamento per giusta causa.
In ogni caso la violazione del patto costituisce un illecito contrattuale per il mancato rispetto degli obblighi sottoscritti e determina un danno reputazionale ed economico, portando inevitabilmente al risarcimento del danno (art. 2043 c.c.)
Dogma S.p.A. vanta un’esperienza pluriennale nella gestione della riservatezza e della sicurezza dei dati e delle informazioni aziendali.
L’agenzia investigativa offre un supporto sia preventivo, sia a fuga di notizie avvenuta, fornendo consulenza e interventi diretti.
La fase preventiva consiste essenzialmente nella consulenza sulla sicurezza, analizzando e individuando i profili critici e supportando il cliente nella risoluzione e implementazione dei protocolli ma anche nella formazione del personale circa la tutela delle informazioni aziendali.
Nella fase successiva alla violazione del patto di riservatezza, o in presenza di un legittimo sospetto l’Agenzia riveste un ruolo fondamentale al fianco del cliente per minimizzare i danni e correre ai ripari.
L’Agenzia si occupa infatti di analizzare il contesto, raccogliere prove mediante sorveglianza, indagini digitali e interviste, l’esame dei sistemi informatici per individuare quali informazioni sono fuoriuscite, qual è il potenziale impatto e identificare gli autori. Inoltre, Dogma fornisce in ogni istante un supporto legale con una consulenza giuridica – utile soprattutto a individuare il percorso migliore per le azioni legali in caso di violazione del patto – e consegna al cliente una relazione investigativa che potrà essere utilizzata in tribunale.
Se la trasmissione o rivelazione di dati non è ancora avvenuta e vi è un sospetto l’Agenzia Dogma è in grado di intervenire per bloccare sul nascere l’attività fraudolenta e suggerire contromisure tecniche.
Un sito non basta a risolvere ogni dubbio e soprattutto a far fronte a tutte le necessità. Utilizza il form qui a lato o la CHAT per contattarci, prenotare un appuntamento e chiederci informazioni.